Le origini

Per Gennaro – per tutti Genny – e Francesca non esistono vie di mezzo, le cose, o, si fanno bene, o non si fanno, il locale è sempre in ordine, tutti indossano guanti e divisa con tanto di panciotto rosso e grembiule blu.
L’assortimento è pazzesco, prima di passare ai piatti, come sempre, mi informo sulle materie prime: “ il pane – mi racconta Genny – lo facciamo noi, frutta e verdura arrivano da un noto “gioielliere” , oops! Ortolano di Via Posillipo, che garantisce prima qualità e, per la spesa all’ingrosso, prezzi più moderati. Lo stesso dicasi per la carne, le uova, tutto arriva da Posillipo e dall’attigua salumeria di famiglia.
Veniamo al cucinato, il menù è molto vario, orientato decisamente a piatti di terra; i primi cambiano ogni giorno, almeno quattro, sei, o sette i secondi e fissa l’infinita sfilza di verdure di stagione preparate in ogni modo.
Anche la scelta dei secondi è molto varia, si va dal roastbeef, a scaloppe di pollo, cotolette, hamburger stufate, salsicce, polpette fritte, insalata caprese con mozzarella dell’aversano.
Un paio di volte alla settimana si alternano genovese, ragù, con relative carni, gattò di patate e sartù di riso. La smitragliata di verdure preparate in ogni modo, fa onore alla fama dei napoletani “Magnafoglie” di basiliana memoria.
Si può chiudere in bellezza con la pasticceria di produzione propria, magari con una deliziosa zeppola di San Giuseppe.
Il clima qui è sempre allegro, Genny ha cento occhi e orecchie, ma, scherza sempre con tutti, il servizio è veloce e garbato. La clientela è quanto mai variegata, in primis gli abitanti di Posillipo e poi gente di ogni tipo, arriva da tutta Napoli, sfruttando ancora la pubblicità degli anni di Don Mario e dell’Elettroforno.
Genny e Francesca si capiscono al volo, nel bene e nel male, due ragazzi forti, cresciuti lavorando come ciucci, ma con l’entusiasmo di chi adora la propria città e fa di tutto per renderne più piacevole il ricordo; qui arrivano anche tanti stranieri, abituati a percorrere Via Posillipo da Mergellina a piedi, con sosta golosa in Piazza San Luigi, la piazza del cuore e dell’infanzia per chi ci è nato e vissuto.
Veniamo al quantum: non c’è differenza tra l’asporto, il mangiare in piedi, o con la tavola apparecchiata. I primi piatti costano 4,00 euro, al massimo 4,50. Cinque, al massimo sei euro per i secondi, due euro e cinquanta i contorni, tra un euro e cinquanta e due la pasticceria che si vende anche a peso a 18 euro al chilo. La rosticceria varia da 1,50 a 3,00 euro, che diventano quattro per una mega fetta di frittata di maccheroni. Le bibite sono le solite, il vino è al calice: 1 euro per vino sfuso, 2 euro per i vini doc. A conti fatti, con meno di 15 euro avrete mangiato un pranzo completo e genuino, in atmosfera conviviale, contagiati dall’eterna bellezza del mare e della vista che si godono da Posillipo. Ancora oggi, nonostante tutto, per qualche attimo la Pausilypon di una volta lenisce gli affanni di noi quotidiani cittadini condannati a correre. Ma per andare dove?


Descrizione del luogo ; Pusilleco in napoletano, è oggi un zona residenziale collinare della città di Napoli, frazione fino al 1925 e, solo da allora, integrato amministrativamente come quartiere cittadino.
Il suo nome deriva dal greco Pausilypon che letteralmente significa “tregua dal pericolo” o “che fa cessare il dolore, denominazione legata al panorama che si godeva anche duemila e cinquecento anni fa da questa zona di Napoli.
In età moderna, l’area rimase sostanzialmente sottosviluppata fino alla costruzione di via Posillipo tra il 1812 e il 1824, la via fu donata alla città dall’allora reggente Gioacchino Murat. Si trattava comunque di una zona della città non compresa nella fascia urbana, troppo lontana dal centro, adatta per la villeggiatura. Buona parte della zona ha subìto pesanti ricostruzioni dopo la Seconda Guerra Mondiale, ma ha conservato diversi edifici storici e ville, tra cui Villa Rosebery, oggi residenza di appannaggio del Presidente della Repubblica. Nel quartiere di Posillipo si trovano diverse frazioni: Villanova di Posillipo (ovvero Porta di Posillipo), Casale di Posillipo, Santo Strato, e il più conosciuto di tutti, Marechiaro, con il caratteristico “Scoglione”. Posillipo è senza dubbio una delle più belle zone di Napoli. Si estende dalla famosa Mergellina sino all’isolotto di Nisida. Le sue coste presentano continue cale, grotte, tratti a strapiombo e alcuni isolotti.
La collina di Posillipo, che è una parte di un cratere che divide il Golfo di Napoli da quello di Pozzuoli, è sede di numerose ville costruite fin dall’antichità in questi luoghi. Più folkloristica, ma ugualmente importante per la cultura e la tradizione partenopea è un’altra località posillipina: Marechiaro, con la sua “finestrella” famosa in tutto il mondo, grazie ad una delle più belle fra le canzoni “classiche” napoletane che porta il suo nome, con le parole del poeta napoletano Salvatore Di Giacomo (al quale è dedicata l’altra bella piazza di Posillipo).
A circa metà di Via Posillipo, troviamo Piazza San Luigi, conosciuta per i suoi palazzi costruiti dall’Istituto Autonomo Case Popolari nei primi anni ’20. Il civico 4 fu destinato agli alloggi della dirigenza fascista e perciò chiamato “Palazzo del Fascio”. Oggi la piazza si è ridotta a disordinato parcheggio con aiuole in abbandono.
Viaggiamo ancora a ritroso nel tempo: era il 1840 quando i pescatori, come ogni mattina, sulla piccola spiaggia di Palazzo Donn’Anna tiravano le reti a terra, piene di ogni ben di dio. Il principe Colonna passeggiava a cavallo tutte le mattine da lì fino alla villa reale. Il principe aveva assistito all’apertura dei primi stabilimenti balneari in Francia e incitò così i pescatori di Posillipo a fare la stessa cosa. Questi gli dettero ascolto e presto fu aperto il primo piccolo stabilimento “Bagno Donn’Anna”, rifugio preferito dei pittori della scuola di Posillipo. I bagni proliferarono sulle altre marine della città, ma fu solo alla fine del ‘800 che i fratelli d’Alessio lanciarono due famosi stabilimenti il “Risorgimento” e il “Bagno Elena”, tuttora esistente, che prese il nome dalla principessa Elena di Montenegro, amatissima dai napoletani, sposa di Vittorio Emanuele, futuro re d’Italia, allora principe di Napoli. Lì, alle più basse pendici della lingua tufacea del Capo, la dimora seicentesca incompiuta di Palazzo Donn’Anna, nome della moglie del Viceré spagnolo, fa ancora da sfondo discreto sulla sua piccola baia di mare, quasi una porosa rupe tufacea emergente dall’acqua, come un palazzo che naviga sul mare. In questi luoghi lo scrittore Raffaele La Capria ha trascorso adolescenza e gioventù, infatti in molti dei suoi libri ritroviamo il palazzo.
Nel 1899, i Bagni Elena con un’acqua limpida e profonda, erano il primo e il più aristocratico lido di Napoli. Già sospeso sulle palafitte lignee ben tornite, che avanzavano dalla spiaggia sul mare, nella tradizione napoletana dell’ingegneria balneare, tramandata artigianalmente di padre in figlio. Sito ideale per i “bagni terapeutici”, con la migliore spiaggia naturale di sottile sabbia vulcanica del Vesuvio. E “l’unica per le stufe di arena”. Un lido di approdo di Oscar Wilde e dell’ammiraglio Nelson, di Richard Wagner e di Massimo Gorki. La regina Elena soleva, spesso, venire nella Napoli di fine ‘800, in incognito, a passeggiare in quello stesso miglio di strada in dolce salita. Viene, quindi, l’epoca in cui la spiaggia marina attrae sempre di più le famiglie benestanti, che vivono lì nuove forme di mondanità. L’arrivo della regata remiera della Coppa “Lysistrata”, promossa da un magnate americano a inizio Novecento, era ai Bagni Elena, con il suo palco regale. Poi, il mito del Ventennio, rivolto a valorizzare ogni esercizio che servisse a modellarsi un corpo armonico e muscoloso, trova al mare i suoi fans.
Gli allenamenti ginnici avvengono sul bagnasciuga. Nel dopoguerra, l’elegante “Bagno Elena” con le palafitte a due piani, coronato alle spalle da palazzi umbertini e liberty, divenne anche cenacolo di intellettuali napoletani: Eduardo De Filippo, Domenico Rea e Totò furono assidue presenze di questo nido di amanti del mare e di Napoli.Poi venne il successo di massa degli ultimi decenni del 1900.

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